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Conosciamoci meglio! Francesco Napolitano

I buoni sentimenti dietro la startup: Il CTO di Wolffia si racconta

Grazie a Wolffia ho oggi la possibilità di scrivere su un blog che tratta tematiche a me molte care, potrei parlare di economia circolare, di green manufacturing, di riuso creativo e non mancherà occasione di dire la mia su questi argomenti ma oggi è tempo di conoscere meglio uno dei “volti dietro l’idea” e di capire come tutto è cominciato.

Sono Francesco Napolitano e nella compagine societaria rivesto il ruolo di responsabile dell’area tecnica, la suddivisione dei ruoli non mi impedisce però di condividere equamente le scelte di soluzioni tecniche e le responsabilità di decisioni più importanti con le mie compagne di avventura Ilaria e Barbara.

Per una più profonda condivisione non posso non partire dalla fine del mio percorso di studi, in particolare vi porto a sei mesi prima della mia laurea magistrale. Era il 17 marzo 2015 ed ero appena atterrato a Ginevra, portavo ancora nel cuore i saluti commossi dei parenti che mi avevano accompagnato a Capodichino ma negli occhi avevo un mare di possibilità che mi si affacciavano dinanzi ed avevano la forma del posto che sarebbe stato la mia casa nell’immediato futuro. Mi aspettava la ricerca di una casa, l’inizio di una vita in totale indipendenza nella quale avrei poi coltivato il sogno di immaginarmi in una vita futura, la conoscenza con nuove persone e la scoperta di un mondo tutto nuovo e lontanissimo dal mio. Sei mesi sono bastati a stravolgere completamente la mia visione della vita. Tolto il velo ad una città dalle mille possibilità e dalla ricchezza smisurata ho scoperto dov’era realmente la sede della ricchezza. Tutto ha assunto una connotazione nuova, l’amicizia, il lavoro di squadra, il legame con la mia terra d’origine, la coltivazione del sapere in quanto tale ed il lavoro che deve essere considerato come il fine e non come il mezzo. Questa maturazione si è tradotta nel perseguire ancora con più forza l’idea di partecipare al concorso di dottorato.

Neanche il tempo di stappare lo spumante ed il 2 novembre ero già al lavoro nella veste che più mi appassionava, quella di ricercatore! È stato quello il periodo in cui la mia strada ha incrociato prima quella di Barbara, anche se con lei avevo già frequentato qualche corso durante gli anni di studio, e poi quella di Ilaria. Per otto mesi abbiamo avuto modo di lavorare fianco a fianco, impegnati insieme in un progetto sulla foratura di stack in composito ed ibridi. Le tante ore trascorse in laboratorio sono valse a costruire e consolidare un bellissimo rapporto di collaborazione e di amicizia e ad oggi, anche se la situazione di precarietà dovuta dalla pandemia ci tiene lontani, è fonte di piacevoli momenti condivisi.

Ci sono alcune domande che tornano spesso nella mia mente su tutta la storia che mi ha portato fino a far parte di questa bellissima idea diventata poi startup.

L’idea di una startup era nella mia mente? Assolutamente no, mai pensato fosse possibile. Ogni volta che sentivo parlare di startup pensavo a megaprogetti innovativi, enormi investimenti di capitali e megascienziati al lavoro giorno e notte su idee che avrebbero rivoluzionato il mondo.

L’idea di un’impresa era nelle mie corde? Sì, ma solo se si fosse trattato di un ristorante, cosa di cui ho più volte fantasticato con gli amici di una vita. Dal momento che la ricerca culinaria è una delle cose che più mi appassiona dopo il mio lavoro è naturale sognare di trasformarla in attività a tempo pieno, semmai nell’università andasse male. Scherzi a parte, mai avrei pensato di ritrovarmi come socio fondatore di una vera azienda e portare l’esperienza del dottorato al di fuori delle mura universitarie.

A questo punto del percorso mi rendo conto che gli ingredienti di questa bellissima storia mi riportano alla mente altrettanti bei ricordi. L’aver saputo coltivare rapporti di lavoro valorizzandoli a diventare una bella amicizia; un fitto confronto ed un aperto dibattito su tantissime tematiche che poi ci hanno mostrato una comunanza di idee; la crescita professionale in un ambiente sempre votato alla stimolazione di nuove idee; l’animo sensibile alle problematiche quotidiane di un mondo all’interno del quale ognuno deve fare la sua parte.

Sembrava qualcosa di impossibile ed invece ecco che ho scoperto come nasce una startup, un’ideale di vita, un semplice gesto, una realtà. Perché anche un solo gesto può valere come megaprogetto in grado di rivoluzionare il mondo.

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